Corso di 4 lezioni coordinato e condotto da Patrizia Pierucci
Le imprese narrate da Omero si prestano a molteplici interpretazioni: la più ovvia e più nota è certamente quella che indica l’Iliade come poema della forza e della violenza, come ebbe a definirlo Simone Weil.
Ma Piero Boitani, rifacendosi ad una definizione di Rachel Bespaloff, parla anche di “poema della pietà” a indicare dei momenti di sosta, in cui al “divenire della guerra” si sostituisce “l’essere” di qualcosa di diverso, di meno cruento.
E infatti, di fronte all’infuriare dei duelli, spesso cruenti e privi di qualunque compassione da parte dell’eroe vincitore, vi sono anche delle pause in cui si affermano – e forse si apprezzano o addirittura si esaltano – valori di amore coniugale (Ettore e Andromaca nel loro celebrato “addio”), di amicizia (quella tra Achille e Patroclo), di ospitalità (il mancato duello tra Diomede e Glauco in ricordo e in nome della cosiddetta “ospitalità ereditaria”).
Dunque, si può parlare di eroi dal duplice aspetto, quello bellico e bellicoso, e quello privato, in cui per esempio l’archetipo della ferocia, Achille, piange e si sfoga con la madre, e alla fine del poema si commuove di fronte alla canizie di Priamo che invoca la restituzione del cadavere del figlio.
Ed è proprio con una manifestazione tipica della pietà (i funerali di Ettore) che si conclude il poema, apertosi invece con la parola “ira”.
Ma Piero Boitani, rifacendosi ad una definizione di Rachel Bespaloff, parla anche di “poema della pietà” a indicare dei momenti di sosta, in cui al “divenire della guerra” si sostituisce “l’essere” di qualcosa di diverso, di meno cruento.
E infatti, di fronte all’infuriare dei duelli, spesso cruenti e privi di qualunque compassione da parte dell’eroe vincitore, vi sono anche delle pause in cui si affermano – e forse si apprezzano o addirittura si esaltano – valori di amore coniugale (Ettore e Andromaca nel loro celebrato “addio”), di amicizia (quella tra Achille e Patroclo), di ospitalità (il mancato duello tra Diomede e Glauco in ricordo e in nome della cosiddetta “ospitalità ereditaria”).
Dunque, si può parlare di eroi dal duplice aspetto, quello bellico e bellicoso, e quello privato, in cui per esempio l’archetipo della ferocia, Achille, piange e si sfoga con la madre, e alla fine del poema si commuove di fronte alla canizie di Priamo che invoca la restituzione del cadavere del figlio.
Ed è proprio con una manifestazione tipica della pietà (i funerali di Ettore) che si conclude il poema, apertosi invece con la parola “ira”.